Sharon Hecker
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Nicoletta: Cara Sharon,
è da poco uscita l’edizione italiana del tuo studio su Medardo Rosso, risultato di un lungo lavoro su un artista affascinante, ma non facile da studiare e interpretare. Nei vari articoli usciti a proposito del libro, si è parlato molto della modernità della scultura di Medardo, dell’influenza che ha avuto su tanti artisti successivi, del respiro europeo dei suoi lavori a fronte di un rapporto conflittuale con gli ambienti accademici e istituzionali italiani.
L’edizione americana di questo libro è rivolta, correggimi se sbaglio, a studenti e studiosi di arte italiana negli Stati Uniti. L’arte italiana gode senz’altro di un certo prestigio all’estero, ma spesso ho avuto l’impressione che il maggiore interesse sia riservato al Rinascimento. Sarei curiosa di sapere se l’Otto e il Novecento sono egualmente studiati negli Stati Uniti e per quali motivi?
Sharon: Si dice scherzosamente che da Canova al Futurismo c’è un grande buco nella conoscenza internazionale dell’arte italiana. L’Ottocento dopo Canova non è ne’ conosciuto ne’ studiato molto negli Stati Uniti, a parte alcuni studiosi specializzati e alcune mostre. Con pochissime eccezioni, di solito gli studi e le mostre si concentrano sulla pittura e escludono la scultura. Le opere italiane di quell’epoca sono sparse nei musei e nelle collezioni private e non ci sono delle cattedre dedicate allo studio dell’arte italiana dell’Ottocento alle università. È un gran peccato perché a mio avviso è un periodo molto interessante. A partire dal Futurismo, c’è più conoscenza all’estero dell’arte italiana del Novecento, e oggi anche l’arte del dopoguerra viene vista, venduta, studiata e collezionata negli Stati Uniti. Ma l’Ottocento decisamente rimane ancora un caso a parte.
Nicoletta: Con questo libro dai un contributo importante alla conoscenza di un artista ampiamente trattato da stimati studiosi italiani. In che cosa si differenzia il tuo metodo di studio rispetto a quello dei tuoi colleghi italiani?
Sharon: Il mio libro, a mio avviso, si distingue per due cose. Uno per l’utilizzo di molto materiale archivistico che non è stato consultato prima, sia rispetto all’artista sia rispetto ai mondi nei quali circolava. L’altro è per una visione ‘da fuori’. Credo di aver colto (anche grazie al fatto che io stessa vivo da ‘straniera’ in Italia) una visione più internazionale e meno etnocentrica dell’artista rispetto agli studiosi che hanno lavorato su Rosso prima di me. Le numerose difficoltà di Rosso a Parigi e nel mondo e la sua sensazione di estraneità rispetto al suo paese d’origine, il suo internazionalismo nella sua biografia e nella sua arte, son soggetti più difficili da intravedere dagli studiosi italiani, i quali hanno un investimento diverso dal mio nell’argomento perché io non parto da un concetto di base di patrimonio nazionale da difendere. Questo fatto mi permette più distacco dal soggetto e mi aiuta nel creare una visione più ampia di Rosso e dell’arte italiana in generale.
Nicoletta: Molte delle tue ricerche partono da materiale di archivio. A te piace andare per archivi? Si possono ancora fare scoperte interessanti?
Sharon: Amo moltissimo il lavoro d’archivio! Sono ricerche molto lente e richiedono moltissimo tempo e viaggi, per questo fatto ho lavorato per più di vent’anni su Rosso prima di pubblicare il libro. Poi ovviamente tante scoperte negli archivi sono emozionanti per uno studioso ma meno per un pubblico generale e bisogna accettare dei compromessi. Non ho potuto includere tutto nel libro. Questo fatto lascia spazio per futuri studi su altri temi legati a Rosso che sto pubblicando man mano in altre forme. Per esempio, ho appena curato insieme a Julia Peyton-Jones una mostra su Rosso e la sua esperienza a Londra, e oltre al catalogo tra poco uscirà un mio saggio più articolato sulle peripezie di Rosso e la sua arte in quella città nel contesto più ampio degli artisti stranieri a Londra alla fine dell’Ottocento. Ed è appena uscito un mio saggio sull’eco importante che Rosso ha avuto per gli artisti italiani del Novecento fino all’arte contemporanea. E un altro su come le strategie di marketing di Rosso si inseriscono nel quadro più ampio dello sviluppo dei mercati dell’arte moderna, e uno sulle esperienze degli scultori stranieri in vari paesi e come si posiziona la storia di Rosso tra di loro...
Nicoletta: Una volta, mentre lavoravamo insieme alla versione italiana del tuo libro, hai detto una cosa che mi ha colpito, ovvero che il valore di uno studio non sta solo in ciò che esso rende noto e assoda, ma anche e forse soprattutto, nelle strade che indica, negli spunti che riesce a dare per nuove ricerche. Che cosa resta quindi da scoprire o da approfondire su Medardo Rosso?
Sharon: Resta moltissimo da scoprire o da approfondire. Un libro può dare delle indicazioni ma non può esaurire l’argomento. In generale, un artista rimane vitale e interessante solo se riesce ad essere ripreso e riscoperto in continuazione da vari punti di vista. Rosso cercava di aprire delle porte per gli altri da seguire dopo di lui, in questo mi sento in sintonia con l’artista!
Nicoletta: Medardo risulta così moderno anche perché decise di dichiararsi apolide. Seppure in chiavi molti diverse, lo sradicamento è un tema cruciale nel mondo contemporaneo. Penso a profughi e migranti, ma anche alla necessità di studiare o formarsi all’estero, agli spostamenti frequenti e anche prolungati che si fanno per lavoro… insomma, possiamo dire che il coraggioso Medardo, pasticcione, squattrinato, sfacciato e solo, sia un personaggio più attuale oggi che nel suo tempo?
Sharon: Stiamo solo iniziando a comprendere il profondo internazionalismo che c’è stato prima della Prima Guerra Mondiale, durante un periodo conosciuto fino ad ora per la nascita delle grandi nazioni. Certamente Rosso faceva parte di quel filone e stile di vita di costante movimento e di conseguente alienazione che oggi è diventato normale, quindi in qualche modo oggi riusciamo a vedere molto più chiaramente l’importanza del suo sradicamento sia come modo di vivere, sia come gesto creativo.
Nicoletta: Grazie Sharon, è stato bello lavorare insieme. Speriamo di rincontrarci presto su qualche altro progetto.
è da poco uscita l’edizione italiana del tuo studio su Medardo Rosso, risultato di un lungo lavoro su un artista affascinante, ma non facile da studiare e interpretare. Nei vari articoli usciti a proposito del libro, si è parlato molto della modernità della scultura di Medardo, dell’influenza che ha avuto su tanti artisti successivi, del respiro europeo dei suoi lavori a fronte di un rapporto conflittuale con gli ambienti accademici e istituzionali italiani.
L’edizione americana di questo libro è rivolta, correggimi se sbaglio, a studenti e studiosi di arte italiana negli Stati Uniti. L’arte italiana gode senz’altro di un certo prestigio all’estero, ma spesso ho avuto l’impressione che il maggiore interesse sia riservato al Rinascimento. Sarei curiosa di sapere se l’Otto e il Novecento sono egualmente studiati negli Stati Uniti e per quali motivi?
Sharon: Si dice scherzosamente che da Canova al Futurismo c’è un grande buco nella conoscenza internazionale dell’arte italiana. L’Ottocento dopo Canova non è ne’ conosciuto ne’ studiato molto negli Stati Uniti, a parte alcuni studiosi specializzati e alcune mostre. Con pochissime eccezioni, di solito gli studi e le mostre si concentrano sulla pittura e escludono la scultura. Le opere italiane di quell’epoca sono sparse nei musei e nelle collezioni private e non ci sono delle cattedre dedicate allo studio dell’arte italiana dell’Ottocento alle università. È un gran peccato perché a mio avviso è un periodo molto interessante. A partire dal Futurismo, c’è più conoscenza all’estero dell’arte italiana del Novecento, e oggi anche l’arte del dopoguerra viene vista, venduta, studiata e collezionata negli Stati Uniti. Ma l’Ottocento decisamente rimane ancora un caso a parte.
Nicoletta: Con questo libro dai un contributo importante alla conoscenza di un artista ampiamente trattato da stimati studiosi italiani. In che cosa si differenzia il tuo metodo di studio rispetto a quello dei tuoi colleghi italiani?
Sharon: Il mio libro, a mio avviso, si distingue per due cose. Uno per l’utilizzo di molto materiale archivistico che non è stato consultato prima, sia rispetto all’artista sia rispetto ai mondi nei quali circolava. L’altro è per una visione ‘da fuori’. Credo di aver colto (anche grazie al fatto che io stessa vivo da ‘straniera’ in Italia) una visione più internazionale e meno etnocentrica dell’artista rispetto agli studiosi che hanno lavorato su Rosso prima di me. Le numerose difficoltà di Rosso a Parigi e nel mondo e la sua sensazione di estraneità rispetto al suo paese d’origine, il suo internazionalismo nella sua biografia e nella sua arte, son soggetti più difficili da intravedere dagli studiosi italiani, i quali hanno un investimento diverso dal mio nell’argomento perché io non parto da un concetto di base di patrimonio nazionale da difendere. Questo fatto mi permette più distacco dal soggetto e mi aiuta nel creare una visione più ampia di Rosso e dell’arte italiana in generale.
Nicoletta: Molte delle tue ricerche partono da materiale di archivio. A te piace andare per archivi? Si possono ancora fare scoperte interessanti?
Sharon: Amo moltissimo il lavoro d’archivio! Sono ricerche molto lente e richiedono moltissimo tempo e viaggi, per questo fatto ho lavorato per più di vent’anni su Rosso prima di pubblicare il libro. Poi ovviamente tante scoperte negli archivi sono emozionanti per uno studioso ma meno per un pubblico generale e bisogna accettare dei compromessi. Non ho potuto includere tutto nel libro. Questo fatto lascia spazio per futuri studi su altri temi legati a Rosso che sto pubblicando man mano in altre forme. Per esempio, ho appena curato insieme a Julia Peyton-Jones una mostra su Rosso e la sua esperienza a Londra, e oltre al catalogo tra poco uscirà un mio saggio più articolato sulle peripezie di Rosso e la sua arte in quella città nel contesto più ampio degli artisti stranieri a Londra alla fine dell’Ottocento. Ed è appena uscito un mio saggio sull’eco importante che Rosso ha avuto per gli artisti italiani del Novecento fino all’arte contemporanea. E un altro su come le strategie di marketing di Rosso si inseriscono nel quadro più ampio dello sviluppo dei mercati dell’arte moderna, e uno sulle esperienze degli scultori stranieri in vari paesi e come si posiziona la storia di Rosso tra di loro...
Nicoletta: Una volta, mentre lavoravamo insieme alla versione italiana del tuo libro, hai detto una cosa che mi ha colpito, ovvero che il valore di uno studio non sta solo in ciò che esso rende noto e assoda, ma anche e forse soprattutto, nelle strade che indica, negli spunti che riesce a dare per nuove ricerche. Che cosa resta quindi da scoprire o da approfondire su Medardo Rosso?
Sharon: Resta moltissimo da scoprire o da approfondire. Un libro può dare delle indicazioni ma non può esaurire l’argomento. In generale, un artista rimane vitale e interessante solo se riesce ad essere ripreso e riscoperto in continuazione da vari punti di vista. Rosso cercava di aprire delle porte per gli altri da seguire dopo di lui, in questo mi sento in sintonia con l’artista!
Nicoletta: Medardo risulta così moderno anche perché decise di dichiararsi apolide. Seppure in chiavi molti diverse, lo sradicamento è un tema cruciale nel mondo contemporaneo. Penso a profughi e migranti, ma anche alla necessità di studiare o formarsi all’estero, agli spostamenti frequenti e anche prolungati che si fanno per lavoro… insomma, possiamo dire che il coraggioso Medardo, pasticcione, squattrinato, sfacciato e solo, sia un personaggio più attuale oggi che nel suo tempo?
Sharon: Stiamo solo iniziando a comprendere il profondo internazionalismo che c’è stato prima della Prima Guerra Mondiale, durante un periodo conosciuto fino ad ora per la nascita delle grandi nazioni. Certamente Rosso faceva parte di quel filone e stile di vita di costante movimento e di conseguente alienazione che oggi è diventato normale, quindi in qualche modo oggi riusciamo a vedere molto più chiaramente l’importanza del suo sradicamento sia come modo di vivere, sia come gesto creativo.
Nicoletta: Grazie Sharon, è stato bello lavorare insieme. Speriamo di rincontrarci presto su qualche altro progetto.
Per saperne di più, visita il sito dell'editore Johan & Levi dove troverai anche la rassegna stampa. Hanno parlato di questo libro: Alias, La Repubblica, Il giornale dell'arte, Arte, Doppiozero